La Bandiera dell’Arma
Il 24 gennaio 1861 il Corpo dei Reali Carabinieri si ricostituì sotto il nuovo appellativo di Arma dei Carabinieri Reali: fu pure istituita a Torino una Legione Allievi che, nel 1885, da quella città fu trasferita nella capitale del Regno. Prima fra tutte le armi del Regio Esercito, l’Arma dei Carabinieri non aveva la Bandiera: fu così che il Ministro della Guerra dell’epoca, Ten.Gen. Stanislao Mocenni, ispirandosi alle motivazioni che nel 1840 e 1891 avevano permesso la concessione delle Bandiere all’Accademia Militare ed alla Scuola Militare, propose al Re Umberto I la concessione della Bandiera alla Legione Allievi Carabinieri.
Il Sovrano, con Decreto del 25 febbraio 1894, concesse alla Legione Allievi Carabinieri Reali l’uso della Bandiera Nazionale conforme a quella adottata per i Reggimenti di Fanteria. Essa fu solennemente consacrata e consegnata il 14 marzo 1894 al Comandante della Legione Allievi, Col. Eugenio Romano Scotti.
Da allora questa è da considerarsi la Bandiera dell’Arma.
In occasione del primo conflitto mondiale la Bandiera dell’Arma seguì nella zona di operazioni il Reggimento Carabinieri Reali, costituitosi per le esigenze di guerra: infatti la ritroviamo alle pendici del Podgora nel luglio del 1915. Quando le esigenze di servizio consigliarono il frazionamento del Reggimento in Nuclei minori, la Bandiera rimase presso il 1° Battaglione, assegnato per le esigenze del Comando Supremo in zona d’operazioni. Dopo l’armistizio di Villa Giusti, essendosi sciolto il Comando Supremo e, quindi, anche il Battaglione Carabinieri addetto, il vessillo dell’Arma venne momentaneamente dato in custodia al Comando delle Truppe della Venezia Giulia, fino al 28 gennaio 1920, quando ne fu disposto il ritorno nella sua sede naturale.
Pochi però sanno quali vicissitudini ebbe la Bandiera dell’Arma dopo l’8 settembre 1943.
Dopo la “battaglia di Roma” a cui parteciparono anche Reparti dell’Arma, conclusasi con l’armistizio con i tedeschi, le caserme della capitale furono abbandonate dai soldati: così avvenne anche per la Legione Allievi Carabinieri dove, nella notte tra il 9 e 10 settembre, erano rimasti solo pochi uomini, soprattutto del Gruppo Squadroni Allievi, che avevano ricevuto l’ordine di rimanere sul posto per la cura dei quadrupedi.
In tale caotica situazione il Magg. Alfredo Vestuti, Comandante del Gruppo Squadroni Allievi, notato che la Bandiera si trovava ancora nell’ufficio del Colonnello Comandante in una caserma ormai pressoché indifesa, d’intesa con il Col. Tabellini, Capo di S.M. dell’Arma, e col Ten.Col. Chirico, Comandante della Legione Allievi, decisero di nasconderla nella cavallerizza coperta, dove fu interrata alla profondità di un metro ai piedi della tribuna.
Nei giorni successivi, rientrati i militari in caserma, la Bandiera fu dissotterrata e rimessa al suo posto, come disposto dal Comandante della Legione Allievi.
Purtroppo gli eventi incalzavano ed i tedeschi, seguendo un loro programma preordinato, iniziarono a rastrellare tutte le armi e materiali abbandonati nelle caserme dall’Esercito rivolgendo poi la loro attenzione alle Forze di Polizia, lasciandole soltanto con un moschetto o una pistola a testa e una dotazione di soli otto colpi per arma.
Poiché la spoliazione continuava sempre più spietata e senza alcun rispetto di beni e tradizioni, onde evitare che il vessillo dell’Arma cadesse in mani nemiche, il Col. Tabellini ed il Ten.Col. Chirico decisero di occultare la Bandiera con tutto il suo medagliere nel solaio della palazzina-Comando della Legione Allievi: il compito fu affidato al Magg. Vestuti che, unitamente a due sottufficiali, provvide a sotterrare la Bandiera sotto un enorme cumulo di detriti di residui murari.
Gli eventi intanto precipitano e si arriva al tragico 7 ottobre 1943, allorquando buona parte dei Carabinieri romani fu deportata. Al Col. Tabellini, che ancora abitava in caserma, fu intimato di sgomberare l’alloggio e trasferirsi altrove.
Prima di lasciare l’alloggio, però, egli vuole mettere definitivamente al sicuro la Bandiera. L’impresa appariva pericolosa perché ogni angolo della caserma era vigilato da sentinelle tedesche, ma ciò non spaventò l’Ufficiale: recarsi sul posto nelle prime ore della notte fu relativamente facile ma non tardò a rendersi conto che, non potendo utilizzare idonei attrezzi per non essere scoperto, si trattava di un lavoro lungo e faticoso. Infatti, poco prima dell’alba riuscì a riportare alla luce il vessillo: ora si trattava di ritornare nel proprio alloggio eludendo la vigilanza delle sentinelle che erano scaglionate lungo i corridoi e che si sarebbero certamente insospettite nel vederlo aggirarsi di notte, tutto impolverato e reggendo una cosa ingombrante.
Riuscì, con non poche peripezie, ad arrivare a pochi metri dall’ingresso del suo alloggio, al primo piano della Caserma occupata dai tedeschi, dove vigilava un’ultima sentinella, che riuscì ad eludere: rientrò così nell’appartamento, dove l’attendeva la moglie. All’indomani mattina la Bandiera, opportunamente mimetizzata con alcune canne e pertiche d’uso domestico per le pulizie, esce dalla caserma sotto lo sguardo delle vigili sentinelle tedesche e viene trasportata presso il Museo Storico dell’Arma dove il Gen. Giuseppe Boella, direttore di quel Museo, con l’assistenza del Mar. Pesante e l’opera di un muratore di fiducia, provvidero a seppellire il vessillo in una profonda buca nello scantinato del Museo, rompendo e rifacendo nella stessa notte il pavimento.
Finalmente la Bandiera dell’Arma poteva dirsi al sicuro! Essa ritornò alla luce nei giorni della Liberazione (4 giugno 1944). Con la Bandiera fu salvato, grazie all’opera appassionata, energica e non priva di rischi del Gen. Boella, anche il Museo Storico con tutto il suo patrimonio di ricordi e memorie.
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