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I telini antiriflesso della Grande Guerra

Quando il Regno d’Italia dichiarò guerra all’Impero Austroungarico nel maggio 1915, questo e gli Imperi Centrali alleati saggiavano da quasi un anno la Grande Guerra destinata a fare da spartiacque tra i precedenti conflitti e la nuova era fatta di tattiche innovative e nuove tecnologie

Gli Austroungarici si erano trovati in difficoltà nelle aspre zone rocciose serve difesi dai piccoli ma motivati eserciti dei Regni di Serbia e del Montenegro e, altrettanto avevano patito dalle imboscate nelle foreste lituane, negli acquitrini ucraini e polacchi e nelle vaste piane russe dove, anche se alternativamente riusciva a dispiegarsi negli ampi spazi sbaragliando la precaria preparazione dei soldati zaristi, non riusciva mai ad avere ragione dell’enorme consistenza numerica subendo anche pesanti perdite quando venivano fermati dai fitti sbarramenti di filo spinato e presi d’infilata dalle nuove e potenti mitragliatrici

Tutte le Intendenze, dopo poco tempo, cominciarono a riscontrare la necessità di trovare soluzioni rispetto i nuovi impedimenti tattico-organizzativi

Apparve presto la dura realtà che gli attacchi di Fanteria po’ o potevano contro truppe ben insediate in trincee protette da sbalzi di pietrame e ostruzioni di filo spinato spesso trappola ti con esplosivo

E, all’opposto,la dura vita in trincea non rappresentava un rimedio contro i pericolosi tiro curvati di bombarde e mortai oppure contro i massicci bombardamenti a tappeto su larga scala

Al contrario dell’alleato francese ancora con i pantaloni rossi e la giubba a redingote, il Regio Esercito aveva adottato da meno dieci anni una uniforme che ben si mimetizzava nel terreno dello scenario operativo

Ma, come tutti gli altri contendenti, mancava del tutto un copricapo veramente protettivo tanto che numero di ferite al capo causate dalle esplosioni era quanto mai impressionante e i vari tentativi – più sperimentali che pratici – di cervelliere, elmi pesanti, piastre frontali, corazzette e corazze da petto si rivelarono anacronistiche e affatto adatte alle necessità

Il nostro Esercito, dopo alcuni di quelli esperimenti, ricorse all’elmetto Adrian di produzione francese

Ma prima di tali risorse, furono attuate delle mimetizzazioni sui copricapi

Infatti, ad eccezione del berretto standard e dei cappelli alpini, per tutti gli altri copricapi venne disposto la copertura con opportuni telini antiriflesso che smorzassero la tonalità originaria e, per quanto possibile, ne distircessero la firma

Elmi di Cavalleria, colbacchi, kepy, cappelli da Bersaglieri, da Carabinieri – anche da Ufficiale – vennero ricoperti con opportuni telini sagomati realizzati in saglia o in resistente tela di cotone spesso ornati frontalmente da fregi cuciti oppure realizzati direttamente ad inchiostro

Non mancarono realizzazioni private di sartoria prodotte con panno analogo a quello dell’uniforme spesso con il fregio e il grado ricamato in rayon o in seta

Con tali espedienti, nel fango delle trincee quanto nel verde dei boschi le sagome potevano fondersi con lo scenario naturale scampando al pericolo dei tiratori nemici

Anche riguardo le prime forniture degli elmetti (i primi, distribuiti perfettamente uguali a quelli dell’Esercito francese quanto i successivi privi di “grenade” nonché quelli di produzione nazionale) fu necessario mutuare il riflesso metallico coprendoli opportunamente con coperture in tessuto priva di passare alla tinteggiatura degli stessi con vernici antiriflesso

Oggi, nell’attuale collezionismo, ogni telino realizzato ed utilizzato nel primo grande conflitto rappresenta un importante cimelio come gli esemplari in foto, appartenenti alla Collezione Antoniazzi.